Ed ecco che ce ne andiamo come siamo venuti, Oncers. La parola del giorno è ARRIVEDERCI, perché addio è una parola troppo grossa. Ce ne andiamo come siamo venuti, intersecando le nostre lingue triforcute, ormai alla fine del loro sferzare e dardeggiare. Ce ne andiamo come siamo venuti, con la nostra favella pungente per rendere la vostra lettura settimanale divertente. Addolciti, ma non rammolliti. Ci portiamo un po’ della vostra ghiaia, un po’ del principe azzurro, un po’ dell'infinità della speranza e un po' della luce dello show. Arrivederci, e grazie per i magici anni passati in vostra compagnia. Semmai ci rivedremo. Una dopo l'altra, ciascuna pronunci l'ultima magia...
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Infine è giunto anche per me il momento di proporre il mio ultimissimo e personalissimo commento in solitaria della settima stagione. E non solo. Questa sarà, per cause di forza maggiore, anche la penultima recensione che mai avrò il piacere di scrivere di questo speciale show. Ci si potrebbe aspettare che a questo punto, giunti alla fine, la mia lingua possa rabbonirsi e proferire dolci parole... ma invece no, giustamente. Anche per la prima parte del finale di stagione e di serie, non ho resistito ad incoccare frecce velenose al mio arco ed usare una favella infuocata. I saluti, ovviamente, saranno per l'ultima recensione, ma fin da ora colgo l'occasione per salutare e ringraziare tutti - i pochi, ma pazienza- coloro che, nel bene e nel male, mi hanno seguito per il tempo passato insieme. Buona lettura. Durante, e poi a seguito, della visione di “Homecoming” è stato inevitabile chiedermi - un po’ alla Carrie Bradshaw- se tutto ciò che avevo visto fosse stato pensato, e quindi fatto, più con la volontà di accomiatarsi dal pubblico piuttosto che intrattenerlo con una vera e propria trama. D’altra parte è ben risaputo che la decisione da parte del network di concludere lo show con l’attuale settima stagione sia piombata come una tegola sulle teste - da un po’ di tempo a corto di idee, per carità- dei due geniacci, che nemmeno nei loro sogni più tenebrosi potevano pensare di dover accelerare il processo di chiusura definitivo. Pertanto Edoardo ed Adamo, come più volte dichiarato nel corso degli ultimi mesi, hanno dovuto adeguarsi, e decidere come arrivare al grande epilogo della loro personalissima fiaba percorrendo una strada leggermente diversa, che conduce proprio ad “Homecoming”, dove è l’elemento nostalgico - rappresentato soprattutto da un arcinoto cartello stradale- l’assoluto propulsore dei 40 concitati minuti di episodio, a scapito, appunto, di una trama vera e propria. Non che ciò sia un difetto, a questo punto, anzi: pur non essendo una stagione completamente senza trama - a differenza di una stagione precedente, di cui non verrà, per correttezza, rivelato il numero-, la settima si dovrebbe comunque annoverare tra quelle che di trama ne hanno vista ben poca, complicata oltretutto da una timeline decisamente confusionaria - e solo parzialmente giustificata e giustificabile nella puntata precedente-, ben due mondi fantastici tra cui destreggiarsi - di cui uno, il Wish Realm, che è stato un flop fin dalla sua introduzione nella sesta stagione- e un’impalcatura che ha fin troppo cercato di prendere spunto - fino ad arrivare addirittura all’autoplagio- dal passato, finendo quindi per mancare di una propria personalità definita. Perciò, il fatto che nella prima parte del finale - e potenzialmente anche nella seconda- non ci sia una trama a far da traino, è in fondo coerente con il resto della stagione, nonchè con i finali a cui OUAT ci ha abituati a partire, almeno, dalla terza stagione. Chi ha seguito fedelmente lo show sin dai suoi albori, o che comunque abbia prestato un po’ di attenzione e conservato anche solo un’oncia di memoria, sa bene di che cosa si sta parlando: in un finale tipo di questo show, la ricetta prevede un coinvolgimento piuttosto significativo di Henry, una vicenda articolata in diversi mondi e/o tempi, un ritmo più serrato del resto della stagione e, infine, un villain che sembra spuntato un po’ per caso e un po’ per comodità. Con l’eccezione del finale sesta stagione, dominato dalla figura villana di Fata Fattanza, l’infame ruolo di personaggio a cui imputare ogni colpa e malefatta è stato Tremonio, da sempre riciclato all’occorrenza come capro espiatorio. La differenza risiede, semmai, nell’aver pescato questo cattivone direttamente dalla poracciata made in Aladdin, alla stregua di tutti gli altri volti noti che ci vengono riproposti nostalgicamente durante la puntata, senza dimenticarci del primo grande riciclo, cioò Findus 2.0. Ed è proprio in virtù delle apparizioni di nuove iterazioni di vecchi personaggi, alcune più incisive di altre, che tuttavia l’episodio in questione oscilla pericolosamente tra l’essere genuinamente nostalgico e il diventare, in mancanza di un termine migliore, molto paraculo. L’utilità di questi ritorni, obiettivamente, c’è stata: Fiatella de Gin si è rivelata un ottimo calamaio - ma non un altrettanto capace Signore dei Sith nel breve scambio di fendenti con Enrichetto-, Ariel una brava spacciatrice di paralizzante per stregoni, Mickey Gandalf ha svolto bene il compito di dispensare saggezza e penne incantate. Insomma, se le cose non dovessero andare bene, potrebbero mettersi in affari e aprire un bel negozio di cancelleria. L’unico grande punto di domanda è stato semmai l’imberbe padre di Tremonio, piegato a pi greco/2 per tutti i fugaci trenta secondi di cameo. Eppure, ancora una volta, la Carrie che è in me non può fare a meno di chiedersi quanto, in fondo, questi personaggi siano serviti maggiormente ad accattivarsi il pubblico, piuttosto che a supportare veramente la trama, che risulta tutto sommanto godibile anche se raffazzonata, e senza un punto fermo. L’estrema coralità della puntata, come sempre, impedisce che un personaggio spicchi rispetto agli altri, pur essendo quasi tutti coinvolti nelle classiche beghe semi apocalittiche da finale di stagione. Ed è in questo frangente che ci viene in aiuto il nostro amico Nietzsche: le vicende dei comprimari, in questa prima parte di finale, si realizzano in un pieno eterno ritorno. Reginella deve perciò fare i conti con la pessima fama che si è procurata nel primo - e patetico- viaggio nel Wish Realm, e prepararsi ad affrontare le conseguenze di scelte ingenue, sbagliate ed egoiste. Nella recensione dedicata alla puntata ”Wish You Were Here”, mi scagliai con grande rabbia contro Regina, che ancora una volta, in nome del suo contorto senso del bene superiore - non sufficientemente maturo, dopo anni passati sul fronte opposto-, asportò i cuori delle versioni wish dei genitori della Salvatrice, credendo presuntuosamente di non commettere affato un omicidio, essendo quel mondo pura fiction, salvo poi ricredersi alla vista del suo arciere mascellone. Con tutto il mio cuore giustizionalista speravo che quell’atto non restasse impunito, e finalmente potrò essere esaudito. Certo, Reginella non verrà processata e non perderà la testa, ma già solo il riportare a galla la questione, sperando che ciò ingeneri in nostra signora della bettola un sano rimorso, mi dona una profonda e stimolante soddisfazione. Un eterno ritorno lo vive anche Weaver, immancabilmente in lotta con la sua parte più oscura, letteralmente. Per quanto il boss finale di OUAT sia un “inconveniente” dell’ultimo minuto, riesce comunque ad essere funzionale al contesto in cui è stato inserito, riproponendo quell’immagine di un Tremonio spietato puparo che crea un bel contrasto, quasi necessario, con il suo alter ego ormai militante tra i buoni. Per giustificarne la presenza, si pensa di riesumare la profezia della ributtante Veggente dai palmi occhioluti che indicò Enrichetto come la kryptonite del nonno. Al momento sembra che il modo migliore per disfarsi del problema sia quello di imprigionare Enrichetto all’interno di un esclusivo ambiente protetto e climatizzato a temperature polari insieme a tutta la famiglia, affidando la stesura di un ancora nebuloso happy ending - che sembra partire dall’eliminazione della minaccia nota come Tilly- alla mano e alla faccia da schiaffi di un wish Henry - reso orfano, nonchè friendzonato da una nuova iterazione della bella addormentata nella grotta- che solo grazie all’interpretazione di un Jared Gilmore cresciuto non solo più nei centimetri, ma anche nelle doti attoriali, riesce a far salire di meno la voglia di nuocergli fisicamente. L’ultima menzione non può non andare, infine, alle brevi sequenze che dovrebbero salutare definitivamente il non così placido - ma nemmeno esaltante- quartiere di Hyperion Heights, nonchè i suoi personaggi, o perlomeno quelli rimasti - leggi Tiana- e che, nel corso della stagione, hanno avuto un minimo di importanza. L’abbandono -apparente- di Hyperion Heights impallidisce tuttavia all’arrivo dell’ultima scena, nella quale a bordo di uno sgangherato furgone che puzza di fritto, la pazza e l’arciera superano un cartello inconfondibile, l’elemento che più di tutti, nella puntata, rende “Homecoming” un vero -eterno- ritorno a casa. Non resta perciò che incrociare le dita affinchè, domani, nell’ultima fatica di Once Upon a Time trionfino, oltre alla coerenza narrativa, tutte o quasi le virtù di questo show - e no, non per augurarsi che la quasi duchessa Meghan Markle non inciampi, a causa del vestito, nel fare la riverenza a Sua Maestà-. In questo modo, lasciare Storybrooke risulterà, magari, più sopportabile. Si conclude qui l’ultima recensione che ho avuto il piacere di scrivere in solitaria. L’appuntamento è per la recensione del finale, scritta a sei mani. A presto, e indovinate un po’? Alla prossima, ed ultima!
SKADUSSSSSSSHHHHHHH Bentrovati Oncers della mia mente frastornata da un timeline a dir poco ingarbugliata! Le ultimissime da Hyperion Height vi hanno disorientato al punto da aver perduto il senso dell’orientamento spazio-temporale all’interno di Ouat? Consolatevi: le lingue triforcute delle vostre Streghe, prossime al prepensionamento, si sono arroncigliate su stesse come i palazzi di Inception pur di sciogliere il nodo gordiano dell’incastro degli eventi di ieri, oggi e domani, in relazione alle età dei personaggi-soprattutto quelle della prole eroica, mai combaciante- finendo per esclamare “Eureka!” quando abbiamo concluso che l’unico modo sano di guardare lo show, è mantenersi folli e continuare a comportarsi come telespettatori normali. N.B: lungi da ironiche esemplificazioni, ad un certo punto,malgrado il parto di una potenziale teoria esplicativa, l’elucubrante simposio in chat ha assunto queste orrorifiche sembianze...
Ci siamo quasi, cari Oncers lettori. La recensione della diciannovesima puntata, incentrata di nuovo su una mia collega strega, è infatti la penultima che fuoriesce da quel luogo del possibile che è la mia mente da stregone di lingua triforcuta munito. L'ultima fatica in solitaria del sottoscritto sarà infatti recensire la ventunesima puntata, prima parte del definitivo finale della settima stagione nonché dello show. Per il momento godetevi - se potete, ovviamente- la reazione ad una puntata caratterizzati da baci mosci e giardiniere ambientaliste pazzoidi. Buona Lettura, e a tra due settimane. Dopo quasi un’intera stagione passata, per la maggior parte, nel dolce far niente, la quartultima puntata riesce, come può, ad iniziare a definire meglio la situazione generale, e soprattutto, a dare quel minimo di spinta e spunto di trama che fino ad ora era sin troppo mancato in quel di Hyperion Heights. Il risultato è quindi una puntata globalmente godibile in cui succede un po’ di tutto, a livello narrativo, e di nulla, a livello concreto. Insomma, mai puntata della settima stagione fu più rivelatoria, e in particolare densa e ricca di personaggi che, finalmente, si danno - relativamente- una bella svegliata. Primi tra tutti sono sicuramente gli sfortunati coniugi, quei due dolci ed ingenui sposini che senza troppi successi hanno tentato, compatibilmente con la storyline a loro appioppata, di incarnare la grande storia d’amore dello show rebootato, in modo da emulare - nella fervidissima immaginazione degli autori- quella precedentemente rappresentata da altre storiche coppie, soprattutto alcune. La problematica principale che ha decretato il fallimento, senza girarci troppo intorno, non è stata tanto legata ad un’apparente mancanza di chimica ed intesa tra i due personaggi, bensì a tempistiche gestite alla male e peggio. Per quasi venti puntate, d’altronde, i due hanno interagito un po’ troppo saltuariamente e senza mai vivere situazioni “compromettenti”- in senso positivo, ça va sans dire- che facessero esplodere in un tripudio di feels anche i più romantici dei -rimanenti- fan della serie. Allo scoccare dell’ora X della serie, ecco che si spinge prepotentemente sull’acceleratore della macchina delle coppie nel tentativo di bruciare le tappe, ma visto che non era possibile farlo à la “Matrimono a prima vista”, si è pensato di farlo à la OUAT, ovvero illudendo gli interessati di essere super perspicaci, di essere quelli che hanno capito tutto con la sola forza del loro amore, quando invece il merito è puramente da attribuire a terzi, in questo caso ad una bambina ben più matura di entrambi i genitori nonchè ad un misterioso ed ambiguo signore del voodoo che, spinto da chissà quale fine a parte quello di spupazzarsi per bene la nonna della suddetta ragazzina, diventa il vero e proprio deus ex machina. Se certamente era ora che qualcuno rimuovesse il memento mori che pesava sul cuore di Enrichetto, è davvero un peccato che quel quacuno non sia stata sua madre, della cui real figura non si è vista nemmeno l’ombra. A onor del vero, tuttavia, debbo ammettere e non senza una certa sorpresa che, visto il mio rapporto molto indifferente nei confronti di questa coppia e dei suoi esponenti, le scene tra Giacintola e l’imberbe maritino mi hanno convinto per la prima volta durante l’intero arco della stagione. Sono conquiste. La ragione di questo parziale disgelo in quel freddo e buio luogo del mio stregonesco miocardio è davvero semplice: per la prima volta, appunto, i due sono sembrati autentici, e non già patetici scimmiottatori di coloro che li hanno preceduti nel ruolo di golden stadard couple dello show. Nella fattispecie, a risultare più autentica del previsto - e più espressiva del solito- è stata proprio l’esotica smarritrice di calzature, la quale giustamente rimane piuttosto confusa riguardo al risultato del test, vergato su carta, che indica il giovanotto come donatore di metà del corredo genetico della figlia. Essendo probabile che non abba mai visto “Due cuori e una provetta”, a Giacintola non resta che compiere un atto di fede, rinforzato dal ritrovamento dello Swarovski podalico che l’ha resa famosa, e protendersi anima e lingua verso uno smanioso Enrichetto, sfoggiante un’espressione che urlava “fa’ di me ciò che vuoi”. A questo punto, un Oncer di vecchia data si sarebbe aspettato che alla slinguazzata del vero amore seguisse la partenza della classica onda energetica che sancisce la rottura della maledizione di turno. Invece gli sposini rimediano solamente l’arrivo stronca-ormoni, quasi ad hoc, della figlioletta amareggiata dall’assoluto nulla avvenuto. Quindi sembra che per adesso l’ennesimo sortilegio verrà sciolto in data da destinarsi. Il che, a questo punto dei giochi ormai agli sgoccioli, potrebbe non essere l’ideale. Infatti, a così poco dalla fatidica ed inevitabile parola FINE, per la quale alcuni si sono preparati e a cui altri non si ancora rassegnati, procrastinare troppo i ricongiungimenti e il rinsavimento collettivo risulta fin troppo pesante, in particolare nel momento in cui, guarda caso, la catastrofe di turno sembra in procinto di abbattersi. Raffaella, spostati proprio. Era telefonatissima, infatti, la mossa definitiva di Gothelercia, ancor più che la puntata la riguardava da vicino. Il flashback sulle origini del villain più insulso e piatto in sette stagioni rivela finalmente da dove provengano il pollice verde e la non poca stronzaggine della strega, pur non gettando luce sulle circostanze che l’hanno portata ad avere sempre un aspetto così dimesso e da scappata di casa. È ancora presto per sentenziare e dare un giudizio a quella che a tutti gli effetti si è imposta come villain della settima stagione - a meno di qualche plot twist dell'ultimo minuto, che quasi certamente ci sarà, conoscendo OUAT-, ma dopo una puntata che l’ha vista protagonista, specie a questo punto della corsa, si possono almeno iniziare a tirare le somme. Il merito di questo personaggio, ancorchè non particolarmente memorabile, è quello, probabilmente, di essere quantomeno originale rispetto alla pletora dei compagni di malefatte che l’hanno preceduta in questi anni. Da copione, Gothelercia passa al lato oscuro della Forza a causa di un torto infertole, si accorge di essere stata sostanzialmente scema a fidarsi degli umani brutti e cattivi, scopre quanto sia divertente accoppare con un semplice gesto della mano, e progetta pertanto un piano ultra ispirato che tuttavia, a differenza di quelli degli amici del club dei villain di OUAT, non ha a che fare con figli, fratelli, amanti, altri famigliari o con solo se stessa, ma apparentemente con la salvaguardia dell’ambiente per via delle sue origini floreali, spiegate attraverso un flashabck piuttosto pacchiano, ma almeno non del tutto inutile. A parte riscrivere la storia del nostro mondo, immaginando che molto anticamente nel nord ovest degli odierni Stati Uniti vivesse una civiltà pesudo-settecentesca con una già avviata tradizione in tema di ballo delle debuttanti con relative stronzette da film degli anni Novanta, la vicenda presenta Gothel come una figlia della foresta - letteralmente-, appartenente ad una schiatta di leggiadre fanciulle dalle chiome color Joker ornate di fintissime e orride farfalle di plastica, e che a seguito della distruzione del suo ecosistema e dell’estinzione della sua specie diventa più cattiva di Poison Ivy, imbarcandosi in una vendicativa campagna ambientalista previo tesseramento di sette collaboratrici tanto disperate da condividerne la visione molto green. Come volevasi dimostrare, l’ultimo posto nella combriccola spetta di diritto alla figlia avuta abusivamente con il detective già pirata monco, che fa giusto in tempo ad assaporare le gioie della riscoperta paternità prima di vedere la prole soccombere al ricatto della madre fanatica e delle sue adepte, che per un non meglio spiegato motivo, anche a seguito della follia omicida del fu Hansel-Jack-Nick, vengono svegliate da chissà dove per attuare il diabolico piano del chissà cosa. Ciò che tuttavia emerge dalla puntata è un’apparente inconcludenza, vuoi per il bacio moscio di Enrichetto e Giacintola, vuoi per il sabba delle Otto allegre ambientaliste interrotto sul più bello per via del limite invalicabile dei 43 minuti. La speranza, posto che ve ne sia di rimasta, è che la puntata incriminata serva da trampolino - e ultima spiaggia- per lanciare la corsa ad un finale dei finali che possa essere considerato, e dai posteri ricordato, degno di tal nome. Anche per oggi è tutto, lettori di vecchia e nuova data. L’appuntamento è fissato tra due settimane, in occasione della recensione non solo della prima parte del finale, ma anche dell’ultima volta in cui avrò il piacere di intrattenervi - oppure no- in solitaria armato solo di buona volontà e di triforcuta lingua. SKADUSSSSSSSHHHHHHH
Ben ritrovati cari Oncers. Lo Stregone Cisco, in questa passata settimana, ha dovuto fare i conti con l'infausta data di venerdì 13 e anche con la sua "appena accennata" relazione conflittuale con Zelena. Forte della sua caparbietà, ha saputo superare tutto questo, riuscendo a infine a sfornare la sua terzultima recensione. Come avrà giudicato l'episodio numero 150? Come avrà affrontato l'approccio alla sua verde amica? Come si sarà comportata la sua triforcuta lingua? Per scoprirlo, bisogna solo leggere, e quindi vi auguriamo...bè, Buona Lettura! Venerdì 13, si sa, è un giorno di cattivo auspicio. Non importa che questa credenza affondi le radici in qualche contesto folkloristico, storico - e no, Dan Brown non docet-, biblico oppure cinematografico: è ormai consolidata nella cultura pop la paura legata alla temibile data. Per uno scaramantico come il sottoscritto, il fatto che la diciassettesima puntata della settima stagione sia andata in onda proprio in quel giorno è stato un segno impossibile da non cogliere. Soprattutto e innanzitutto perchè detto episodio ha avuto come protagonista, ahimè, il personaggio che più di tutti, nell’arco di ben quattro anni, ha saputo donarmi moti di bile e volgarità come nessun altro, colei la quale è la prova vivente che la giustizia divina, semplicemente, non esiste, almeno non in Once Upon a Time. In qualche modo, tuttavia, non posso nemmeno non riconoscere come i 43 minuti della puntata insieme a Zelagna siano stato voluti da qualche intelligenza celeste superiore - nonchè bastardella-, spinta dal desiderio che questo incontro fosse anche, nel bene o nel male, una sorta di commiato, un modo per noi due di salutarci. Sembra infatti che anche per lei sia - finalmente- arrivato il canto del cigno dopo una non abbastanza breve parentesi. Se pensavo che la visione della puntata mi avrebbe provocato conati incoercibili e un conseguente violento bruciore di stomaco e fegato, mi sbagliavo. Per la verità l’episodio si è rivelato un sonnifero ben più potente di una tisana di valeriana, con l’effetto di appensatirmi le palpebre ai limiti della ptosi. E il motivo non è stato tanto - o comunque non solo- la presenza pregnante della strega più paracula del reame, quanto piuttosto l’ormai eclatante e ufficiale mancanza di una trama sensata e accattivante che, ormai e ancora a cinque puntate dalla definitva conclusione, non riesce a delinearsi lungo una direzione ben precisa, configurandosi per lo più come un affastellamento di piccole storielle secondarie che compongono un rebus che verrebbe denunciato persino dalla Settimana Enigmistica. E il fatto che l’episodio sotto recensione, e torchio, sia stato anche nientepopodimeno che la centocinquantesima puntata dell’intera serie ha reso il tutto ancora più deludente e frustrante. Una pietra miliare del genere, ancorchè appartenente ad una stagione piuttosto inutile e superflua, sarebbe dovuta essere una sorta di tributo allo show e per lo show, e non già un siparietto spiccio di una figura che, di rilievo, non ne ha mai davvero avuto. Dal momento che Lana Parrilla stessa, in questa occasione, si è brevemente megaevoluta in regista, non si capisce come il focus della puntata non sia stato, magari, l’agnizione del figliolo rapito, ma piuttosto l’ennesima dimostrazione che, modificando un noto detto, “nessuna perfida azione viene punita in OUAT”, come già tristememte visto con la degna genitrice della mugnaia verdognola. Insomma, è difficile credere che nonostante l’epiteto di cui si sia sempre fregiata, e con un certo vanto, Zelagna l’abbia sempre sfangata alla grande rispetto alla sorellastra e all’ex amante-sensei. Non che i due in questione non abbiano compiuto azioni talmente malvagie - e sono tante, su questo non ci piove- da portare ad un continuo posticipo a data da definirsi il momento della redenzione e del perdono. Ma perlomeno, quando per loro quel fatidico momento è arrivato, il percorso è risultato naturale e completo, non scevro di dolorosissime tegole in testa e di gargantuesche vagonate di sterco da ingerire; e nonostante tutto si ritrovano, è bene specificarlo, in una condizione non esattamente felice e contenta: Reginella a gestire un locale di dubbio affare e costretta a essere separata dal figlio pur vivendoci accanto, Tremonio invece a sopportare l’attesa di riunirsi definitivamente alla sua bella defunta. A Zelagna, tuttavia, è bastata l’ennesima maledizione per diventare una persona soddisfatta e realizzata, per guadagnarsi una vita tutto sommato felice tanto da portarla a rinnegare il passato da piagnona isterica e sempre sul piede di guerra con il mondo intero che - poverina, lei- non la capisce e che, secondo lei ingiustamente, la odia per: aver sterminato innocenti in tutti i luoghi in tutti i tempi e in tutti i reami, rapito infanti, separato in eterno figli a genitori e genitori a figli, approfittato dell’ingenuità e dell’apparato riproduttore del fidanzato della sorella. E nonostante questo invidiabile curriculum, la “giovane Verder” e i suoi dolori vengono ripagati lautamente con una vita agiata, una scintillante pietruzza al dito e un povero sventurato pronto ad amarla finchè morte - o cessazione della pazienza- non li separi. Un vero peccato che ad Oslo avessero terminato i Nobel per la pace per quest’anno. Scherzi a parte, la conclusione del percorso di Zelena è quanto di peggio si sarebbe potuto scrivere riguardo a questo personaggio, che pur essendo quasi sempre stato inspiegabilmente amato dal pubblico - se non si considerano le battutine idiote e acide, spesso le uniche parole a uscire da quella bocca- ha finito per risultarmi ancora più indigesto per la totale assenza di vera redenzione e riscatto personali. In passato, una persona molto saggia disse che per essere buoni serva un enorme coraggio. Ebbene, Zelena questo coraggio non l’ha mai davvero avuto, e ha potuto veramente vedere il suo male dalla prospettiva del bene per gentile concessione proprio della tanto invidiata sorellastra e del sortilegio che è stata costretta a lanciare. Ciò che perlomeno Zelagna non ha perso e/o rinnegato - e che mi ha dato un certo prurito…intimo- è la palese faccia di palta e la mancanza di ogni vergogna che le dà il diritto di chiedere aiuto e protezione, quando viene minacciata dai dolcetti della morte, proprio all’uomo a cui ha arrecato il più grande dolore della vita. In momenti come questi nulla farebbe più comodo di una impassibile ed esasperante Septa Unella, che con l’orrido suono della campanella più odiata della televisione ricordi l’importanza della voce del verbo “vergognarsi”. Ma è comuqnue in quello stesso attimo che, alla faccia di tutti i detrattori, si vede e si apprezza maggiormente il cambiamento di Tremonio, che in tempi passati non avrebbe di certo esitato a fracassare nuovamente la strega come una ceramica Ming tarocca. Per quanto riguarda il resto della puntata non c’è molto altro da dire, se si esclude la conclusione dell’assurda e praticamente insignificante vicenda del serial killer sbruciacchiato e dai più nomi che dopo aver brevemente sequestrato Enrichetto - e senza apparenti abusi, si spera- viene beccato dal detective monco nel giro di due secondi senza nemmeno la perizia dei profiler di Criminal Minds, e poi muore, causa macumba, per mano e spillo di Facilier, attualmente contendente di Gothel la lercia nella caccia al tesoro appuntito e ondulato più vecchia e trita della storia dello show. Bisognerebbe infine, a tutta scopa, sorvolare sul flashback, o per meglio dire su quel misto informe di trash e nonsense che fa sì che misteriosamente nella Meravigliosa Landa di Oz compaia una diversa versione dei due bambini più idioti ma anche più disculati delle favole che finiscono alla mercè spietata di una pazza cannibale che si finge cavaliere Jedi impugnando un fintissimo bastoncione di zucchero a guisa di spada; il tutto condito e aggravato da una Zelagna, arrivata alla sua ultima verde apparizione, che senza motivi apparenti si invaghisce di un taglialegna diversamente vedente per poi flambare a dovere le braccia della di lui prole, trasformandola in un serial killer dalle dubbie capacità mentali. Con la speranza di non doverla rivedere mai più, prendo congedo dalla mia amatissima Zelena così da come da tutti coloro che si stiano cimentando in questa recensione, almeno per due settimane. Ciao Broccolona, non ci siamo mai tanto amati, ma questo non sia un arrivederci. Che sia un addio! Ti auguro tanta felicità e secchi d’acqua. Tuo collega fattucchiere, Cisco. Alla prossima!
SKADUSSSSSSSHHHHHHH Bentrovati Oncers del mio cuore vendicatore! Nuova settimana,stessa storia: Ouat si immola senza colpo ferire al giogo della malalingua triforcuta della Strega di turno che, non c'è andata leggera, ma ha concentrato il suo annoiato disappunto in una soluzione fisiologica di sarcasmo,rimembranze e guerriere sailor. Bando alla ciance,godetevi la lettura e passate in pagina per condividere la vostra opinione! Benché l'ora non sia né tipica né probabilmente ortodossa, ben ritrovati carissimi Oncers con la recensione del quindicesimo episodio offerta dallo Stregone Cisco. Ormai il tempo di salutare lui e la sua collega si avvicina e, per quanto siano diventati vere e proprie mosche bianche nell'aridissimo panorama di coloro i quali ancora scrivono recensioni a tema OUAT, i due fattucchieri non demordono, e promettono di continuare la loro sacra missione a testa alta e con lingua sempre triforcuta. Buona Lettura! Dopo aver preso visione di questa quindicesima puntata, viene da chiedersi quanto la decisione presa dal network ABC di cancellare Once Upon a Time abbia influito sulla trama e, dunque, sulla scelta di disfarsi, seppur con un relativo happy ending, di due personaggi che, almeno in potenza, sembravano ben più importanti di molti altri. Più importanti, perlomeno, di personaggi che sulla carta - dei contratti- sono indicati come “regulars”. Insomma, l’intera dinamica famigliare di Victoria Rapestronzola Bitchfrey e le sue figlie ha caratterizzato una considerevole parte della trama, annacquata e spesso insensata, di questa settima stagione. Basti pensare all’estenuante crociata della madre di revitalizzare la figlia adorata numero uno, oppure alla ben più intensa relazione, che farebbe accapponare la pelle a Lorelai e Rory Gilmore, della genitrice dagli alti tacchi con la ruota di scorta. L’uscita di scena più o meno eroica di mammina cara certo avrebbe potuto - e dovuto, forse- regalare alle due figlie quell’indipendenza e quella possibilità di emanciparsi come giovani donne adulte - o comunque di almeno uno- e, soprattutto, come sorelle ritrovate di cui seguire attentamente il percorso e il rapporto, benchè con gli “episodi contati”. Per carità, la "prodigiosa" Anastasia non aveva troppo da offrire da sola, a parte le doti Guardiano, sicuramente apprezzate da almeno un personaggio ben preciso. Quindi forse l’essere stata inserita, insieme alla sorellona minore, nel programma di protezione testimoni per streghette braccate da serial killer zuccherosi e capellone invasate non è stata completamente una cattiva idea. Ancor più perchè, almeno al sottoscritto, l’aspetto apparentemente innocente della giovane Lazzara ricordava fin troppo quello di Samara Morgan prima di marcire nel celebre pozzo. Quindi, onde evitare di ricevere lugubri telefonate profetizzanti la morte entro sette giorni, ritengo saggio che la suddetta sia stata spedita là dove ancora la comunicazione su lunghe distanze viene affidata alla buona vecchia carta oppure a qualche uccellino pettegolo. Un peccato, invece, la partenza della ben meno inquietante Genny, probabilmente il personaggio dotato di maggior potenziale tra tutti i volti - e non solo nuovi- della stagione corrente. Potenziale che, manco a dirlo non essendo una novità, è rimasto terribilmente non sfruttato. Il discorso di cui sopra legato alla morte della sua vaccheggiante madre, a lei si applica ancora di più. A sole cinque puntate da quando è rimasta orfana, semplicemente viene depennata - perlomeno, così sembrerebbe- dalla lista dei residenti forzati -a causa sua- di Hyperion Heights, precludendole la possibilità di vivere fuori dall’ombra glaciale della madre, di far ammenda dei suoi errori, di recuperare il rapporto con la sorellastra, di essere d’aiuto ai cosiddetti “eroi” e, infine, di liberare Enrichetto dal suo fin troppo ammorbante intrallazzo amoroso - il cui sviluppo sembra affidato a quanto culo permetta di fare canestro in un bicchiere con un gettone da sala giochi, tanto per precisare a che punto stiamo- con la sciapa mogliettina. Ancor più che, a quanto sembrerebbe dal flashback, sono state proprio le di lei azioni, in parte, a scatenare l’ira di quel serial killer che prima ti spedisce a Diabete Land con una bellissima scatola di dolciumi, e poi all’altro mondo con una coltellata o una sana dose di cianuro senza troppi complimenti. Infatti, a meno di qualche plot twist dell’ultimo minuto, sembrerebbe che il killer non sia solamente l’arrampicatore di verdure giganti/finto padre di Giacintola junior, ma anche il fratello della ex-nuova amichetta di Genny. Che il Fato le abbia fatte incontrare non meraviglia più di tanto: due maghette dall’infanzia travagliata, l’una quasi arrostita viva da una dolce nonnina in una casetta di marzpane, l’altra amata assai meno della sorella stecchita e piazzata in bella vista nel soggiorno. E forse è stato proprio il Fato - ovvero la spietata legge karmica di OUAT- a far sì che fosse proprio Genny ad infilzare l’unica strega che, diciamolo, in sette anni si è rivelata come la più utile e/o creativa; perchè incenerire i nemici con sfere di fuoco, oppure “scorarli” à la Mills quando risulta più divertente tramutarli in tanti orsetti gommosi e colorati, per la gioia di tutti i bambini - e del sottoscritto- e per l’ira di tutti gli odontoiatri e della Haribo? Come volevasi dimostrare, comunque, lo zampino ci ha pensato a metterlo Gothel la Lercia, una dei tanti abbonati alla rivista “Piani Malvagi Astrusi e come attuarli”, allo scopo di precettare Genny nella Setta delle Otto - perchè usando delle “Sette” il nome sarebbe venuto un po’ troppo pretenzioso, quindi Adamo ed Edoardo hanno preferito aggiungere un +1 e buonanotte-. Per aggiungere un posto nella congrega, che c’è una strega in più, la lady dalla rastafariana chioma ha organizzato gli Hunger Games della Foresta Incantata e, ispirata dalla cultura orientale -oppure dallo sconttro Nefertiri vs Anck-su-namun ne La Mummia - il Ritorno- ha messo nelle mani delle contendenti due bei Sai da battaglia allo scopo di vederne una, ovvero la sua preferita, bucare l’altra. A parte le scene pre-cogedo forzato delle due sorelle, le uniche altre che meritano ben più di una menzione sono senza alcun dubbio quelle che, finalmente, vedono interazioni tra i più vecchi volti che ancora si possono ammirare in questo strano e contorto universo che è la settima stagione dello show. Non me ne vogliano, quindi, coloro i quali hanno adorato la Operation Bromance e i bagordi da pub del ragazzo padre, del monco e del killer - che forse speravano in uno svolgimento degli eventi simile a quello canticchiato da Ed Sheeran in Shape of You-, perchè non riceveranno altre parole. Seguendo per la maggior parte lo schema delle altre stagioni, anche la settima con la sua accozzaglia di personaggi ha finito per trasformarsi da corale a baccanale, fino a giungere al paradosso per cui alla fine nessuno riesce ad emergere più degli altri. Tuttavia, se è vero che l’unione fa la forza, allora Roni e Weaver sono riusciti a risultare, col senno di poi, le figure più di spicco. Certo, le scene che hanno condiviso non li hanno resi particolarmente utili alla trama, ma a questo punto anche brevi spezzoni riescono comunque ad elevare il tono della puntata, sia pure in un’atmosfera molto “amarcord”. E se, si spera, Reginella riuscirà a breve a far scoppiettare qualche scintilla magica grazie al dono del suo personalissimo dottore metà Stranamore e metà Bollore - tutti i diritti a miss Rhimes-, si spera che Tremo riesca presto a trovarsi un nuovo Guardiano a cui rivolgersi per raggiungere il luogo dove potrà dire personalmente alla sua amata che ha sempre avuto ragione, ossia che è stata ogni buona azione a condurlo sempre più vicino a lei. E con questo finale sdolcinato che, giuro, non viene da una scatola di dolci- e chi riuscirà più ad accettare i cioccolatini con la stessa serenità e trepidanza, d’ora in poi?-, ma semplicemente dal cuoricino di un Oncer ferito e nostalgico, do a tutti - o, comunque, a tutti i pochi o molti che leggeranno- appuntamento tra due settimane. SKADUSSSSSSSHHHHHHH
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Novembre 2016
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